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“Lasciateci studiare”: la protesta degli studenti tunisini verso l’Ambasciata italiana

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Più di 250 studenti tunisini si sono riuniti, nei giorni scorsi, davanti all’Ambasciata italiana, per protestare contro un trattamento ingiusto che dicono di aver subito durante un colloquio pre rilascio del visto per l’Italia. “Lasciateci studiare”, hanno gridato, un grido che è diventato un hashtag di protesta su Facebook, #lasciateci_studiare, un modo per fare arrivare la loro voce a chi di dovere e sensibilizzare anche i cittadini italiani sulle difficoltà, per chi vive sulla sponda sud del Mediterraneo, sull’ottenimento del visto. Stringono tra le mani diversi cartelli, con slogan, caricature e disegni. Si vede uno studente tunisino in gabbia, attorno delle mani reggono dei cartelli “età”, “interruzione degli studi”, “stop visto di lunga durata”. Rappresentano le domande, ritenute inopportune, che sono state poste a diversi di loro durante questi colloqui conoscitivi. In un altro, cartelli di divieto recanti le scritte “sei single”, “sei sposata”, “perché sei divorziata”, con un ragazzo che regge un altro cartello: “fermate le vostre domande personali e siate professionali”.  “Studenti pronti a sfidare l’ingiustizia e la discriminazione. Chiediamo opportunità educative equitarie e incondizionate”, si legge su un altro striscione.

A spiegare quanto è accaduto è Nidhal, 37 anni, portavoce di questo gruppo di studenti, che nei prossimi giorni manifesterà nuovamente davanti all’Ambasciata, in attesa di ottenere delle risposte alle loro richieste. “Rispetto agli altri anni, è stato richiesto agli studenti tunisini che vogliono proseguire i loro studi universitari in Italia, di fare un colloquio pre rilascio del visto. Non ci risulta che anche studenti di altre nazionalità abbiano dovuto sostenere dei colloqui simili. Non era molto chiaro il tutto, ma pensavamo che fosse per valutare il nostro livello linguistico, anche se ci sembrava strano, dato che siamo in possesso di certificati validi e riconosciuti che lo attestano. Le domande non sono state professionali, ma erano piuttosto personali, e anche di tipo politico: a qualcuno è stato chiesto che ne pensasse della Palestina, a una ragazza velata è stato chiesto se la sua famiglia le permettesse di andare in Italia, Paese di libertà, come se noi vivessimo nelle tenebre… ad altri hanno buttato dei documenti per terra, dicendo in malo modo di raccoglierli. Dei comportamenti inammissibili per un’ambasciata, una valutazione con domande che non hanno niente a che vedere con il percorso di studi”. 

Parole forti, quelle riferite da Nidhal, che sottolinea: “Non vogliamo fare una guerra all’ambasciata, ma solamente che si rimedi a uno sbaglio, non è corretto trattarci così. Sembrava quasi un interrogatorio. Il nostro desiderio è proseguire i nostri studi in Italia, avere un’opportunità in questo senso. Perché complicare la vita delle persone? Studiare la lingua italiana per poi poter venire in Italia, è stato per tutti un investimento di tempo, energie, soldi. Sentiamo un senso di ingiustizia ed oppressione”. A questo, si aggiunge un numero indefinito di persone che hanno avuto il rifiuto del visto di studio: “Dei rifiuti infondati: ad esempio ad alcuni è stato detto che hanno un’età troppo alta per proseguire i propri studi nel Belpaese, ad altri che vi era un’incoerenza in quanto hanno cambiato la specialità del corso di studi rispetto al precedente percorso. Secondo la procedura, queste persone devono motivare le osservazioni fatte e possono avere una seconda opportunità. E’ giusto che ci siano dei criteri da rispettare, ma spesso questi criteri non vengono dichiarati chiaramente, e allora il rifiuto diventa una violazione di uno nostro diritto, non è accettabile”.

Gli studenti hanno chiesto di essere ricevuti in Ambasciata, a seguito del loro sit in di protesta, e sono riusciti a consegnare una lettera: 

Oggi, se ci riuniamo a centinaia per protestare davanti all’ambasciata italiana, è la prova più grande che ci sono discorsi seri che richiedono questa folla per riunirsi. Siamo studenti che muovono con il nostro senso d’ingiustizia e oppressione. L’ingiustizia inizia con un colloquio che l’Italia ha imposto solo agli studenti tunisini. Il nostro senso d’ingiustizia è perché abbiamo seguito tutto ciò che era previsto nei termini della domanda per il visto di studio e fornito file completi che Almaviva ha esaminato e verificato e sulla base dei quali ha programmato l’appuntamento presso l’ambasciata. Sentiamo l’Ingiustizia perché abbiamo avuto un rifiuto infondato e non ha nessuno standard. E ne siamo tutti un esempio. Le università italiane, che sono considerate competenti, ci hanno approvato e accettato dopo aver verificato i nostri diplomi e certificati linguistici presso le università di Roma e altre istituzioni competenti, dopo aver subito la difficoltà di studiare la lingua per un anno scolastico e abbiamo sacrificato noi e le nostre famiglie moralmente e materialmente. 

E alla fine in meno di 30 secondi è bastato valutarci e poi rifiutarci. Si viene a sapere che il rifiuto era essenzialmente impressionista e si manifestava attraverso doppi standard e incoerenti motivi di rifiuto contraddittori con quello che era presentato e in conflitto con i bandi ufficiali delle facoltà italiane ovvero la legge italiana, considerando che il Comitato non era nemmeno a conoscenza di questo o la maggior parte delle discipline. Ci sentiamo oppressi dal fatto che nella vostra ambasciata siamo stati oggetto di maltrattamenti, da quando siamo stati oggetto di violenza verbale e intimidazione e umiliazione, domande personali e altre domande con gravi ripercussioni sulle nostre etnie e libertà da un paese che dovrebbe essere un difensore dei diritti umani. Per tutto quanto sopra, vi chiediamo di sollevare l’oscurità e risarcirci per i danni morali e materiali concedendoci il nostro diritto di visto per raggiungere le nostre università il più presto possibile con la fornitura di alloggi universitari per tutti quanti e una borsa di studio completa per compensare questo disturbo, che fin dall’inizio ci ha privato del nostro diritto ad una giusta opportunità di studio. Vi Chiediamo inoltre  di prendere tutte le misure necessarie per informare le università e le agenzie regionali per I diritti di studio della vostra azione correttiva”.

Chiediamo che per rimediare a quanto subito, l’ambasciata ci conceda il visto e dia anche la possibilità di avere una borsa di studio e un alloggio. Se non avremo una risposta in tal senso, continueremo a manifestare”.

Nel frattempo, come redazione abbiamo inviato un’e-mail all’Ambasciata italiana per chiedere chiarimenti su quanto accaduto e sentire anche la loro versione dei fatti. Seguiranno aggiornamenti. 

© Riproduzione riservata

 


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