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Yamen Manaï: “In Bel abîme racconto la gioventù tunisina, che non sa che futuro la attende”

Scrittore di talento e sensibilità, Yamen Manaï è nato a Tunisi, vive a Parigi da quando ha 18 anni, ma conosce profondamente gli intrecci e le criticità della sua terra natia. Il protagonista del suo ultimo libro, Bel abîme, un quindicenne, rappresenta proprio quella giovinezza trascurata che, avviluppata nella frustrazione che si fa disperazione, arriva a gesti inconsulti.

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Scrittore di talento e sensibilità, Yamen Manaï è nato a Tunisi, vive a Parigi da quando ha 18 anni, ma conosce profondamente gli intrecci e le criticità della sua terra natia. La fondazione Lagardère gli ha conferito il prestigioso Prix de la Litterature Arabe 2022 – riconoscimento che viene assegnato annualmente dal 2013 – per il suo romanzo Bel abîme. Un titolo che è un paradosso: bellissimo abisso. Scritto per le edizioni Elyzad, è un testo che sta riscuotendo parecchio successo tra la critica e il pubblico per la sua struttura narrativa e per l’abilità dell’autore nel coinvolgere immediatamente il lettore nel dramma. Si tratta, difatti, di un racconto in prima persona, nel quale un adolescente della periferia sud di Tunisi narra i motivi del suo rancore nei confronti del mondo dopo la scomparsa della sua cagnolina Bella, animale che tanto amava. Breve e profondo, il romanzo di Manai è un ritratto critico di una società, quella tunisina, in cui il potere viene spiegato come un qualcosa di inamovibile e nella quale un giovane animato da desiderio di riscatto cova sentimenti di rabbia per le ingiustizie subite: la violenza in casa e a scuola, la mancanza di prospettive. Sentimenti che il protagonista, tristemente, trasformerà in propositi di vendetta, fino alle sue estreme conseguenze.

Pensare la Tunisia al Presente: Manaï ospite a Tunisi

Di questo e di altro Yamen Manaï, lo scorso 9 dicembre, è stato invitato a parlare nel dibattito-conferenza organizzato dall’Institut supérieur des Langues de Tunis (ISLT) e intitolato “Pensare la Tunisia al presente”. Un dialogo moderato dalla docente Amina Chenik, che ha ripercorso anzitutto la carriera di Manai: classe 1980, figlio di insegnanti, fin da bambino curioso lettore dei volumi conservati in casa dai genitori, ha conseguito il titolo di ingegnere delle telecomunicazioni ma ha sempre cresciuto, accanto alle sue competenze scientifiche, l’amore per le materie umanistiche e la letteratura. Bel abîme è il suo quarto romanzo – il primo titolo è del 2010 – e mostra una maturità notevole, insieme alla capacità di cogliere e rielaborare le tante contraddizioni della società tunisina.

Yamen Manaï durante la presentazione a Tunisi – photo credits Rosita Ferrato

 

Yamen approfondisce la storia di «ragazzi che vivono lontani dai centri, in periferie in cui ci sono a stento i servizi essenziali e che sono tagliati fuori dal dibattito politico ed economico. Sono realtà che ho conosciuto molto bene personalmente e che sono dominate da tensioni sociali e da giovani generazioni che non sanno quale futuro le attende». Il titolo originale del manoscritto era “Uccidere il cane”, «ma era troppo violento: ne ho parlato con l’editore e abbiamo deciso di sceglierne un altro, anche dopo essermi confrontato con giovani lettori tunisini». Bel abîme è nato, oltretutto, da un episodio realmente accaduto: l’aggressione, in Parlamento, di un deputato democratico da parte di un collega di una fazione avversa. «Un fatto che mi ha segnato, al punto tale da spingermi a liberarmi da quelle scene che avevo in testa con lo strumento della letteratura. Approfittando della immunità parlamentare, certi politici si sono lasciati andare a gesti violenti che ho trovato strazianti. Tanto da portarmi a un interrogativo: davvero quella è l’assemblea che rappresenta il popolo? E soprattutto: perché la violenza è diventata parte della nostra quotidianità, nel privato e pure nel pubblico?»

La gioventù tunisina sarebbe un motore per il cambiamento, ma non la sfruttiamo

Manaï ha ben presente che «la Tunisia è un posto in cui la violenza familiare, purtroppo, è diffusa: è al quarto posto nel mondo per questa piaga sociale. Ci sono giovani che hanno fatto la rivoluzione per poi vedere eletto il presidente più anziano mai avuto. Eppure, avremmo a disposizione tante risorse per fiorire: a partire da quelle materiali. In Qatar e in altre realtà si è sfruttato al massimo la presenza di giacimenti per far ripartire l’economia; da noi, pare di no. Eppure abbiamo la creatività della gioventù, che sarebbe un motore formidabile per il cambiamento: ma non la sfruttiamo, anzi». Ed è anche per questa ragione che «sfortunatamente tanti, troppi giovani scelgono di andarsene da questo Paese». 

Bel Abime premiato

Coniugare la Tunisia al presente con ottimismo, insomma, non è semplice, neanche per un autore dotato di sguardo ampio come lui. Anche perché «questi giovani suburbani sono scesi in piazza per manifestare per il loro futuro. E noi come abbiamo reagito? Li abbiamo picchiati, arrestati, definiti delinquenti e mascalzoni. Però nessuno ha mai provato a spiegare che sono generazioni cui sono state negate attenzioni e amore». E il protagonista del suo libro, un quindicenne, rappresenta proprio quella giovinezza trascurata che, avviluppata nella frustrazione che si fa disperazione, arriva a gesti inconsulti. Come ammazzare il padre. «Mi capita spesso di parlare di Tunisia, anche quando non sembra: il mio secondo romanzo toccava i Caraibi ma era una Tunisia travestita, si parlava comunque di rivoluzioni e di voglia di cambiamento. Del resto, le questioni tunisine sono universali: certe situazioni riguardano tutti, che sia l’Algeria, la Francia, gli Stati Uniti. Dappertutto, sebbene in forme differenti, ci sono problematiche, malcontento, crisi di fiducia nella politica, manifestazioni di violenza. Eppure, in questo mondo di apparenze, ciò che è più prezioso è ciò che costa meno: un libro, un abbraccio, l’amore. Anche quello di un cane».

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