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Libertà di stampa in Tunisia, tra pre e post Rivoluzione e post 25 luglio

Un dossier dedicato ai media in Tunisia e alla libertà di stampa e informazione, con un focus in particolar modo sul pre e post 2011 e sul post 25 luglio

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Il panorama mediatico tunisino ha subito degli importanti cambiamenti a partire dal 2011, a seguito della cosiddetta Rivoluzione della dignità. Da voce del regime, i media hanno potuto liberarsi delle catene della censura e tornare ad esercitare il ruolo di quarto potere, non senza difficoltà incontrate in questo cammino dai giornalisti tunisini.

Le violenze verso questa categoria di lavoratori sono state sistematiche in questi dieci anni e il bilancio è in continuo aumento : l’ultimo rapporto dell’osservatorio contro le violenze del SJNT, il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini, pubblicato a novembre, indica che in un anno, dal 1 novembre 2020 al 25 ottobre 2021, sono state 224 le aggressioni verso i giornalisti, un bilancio tra i più elevati nel corso degli ultimi cinque anni. Un aumento legato a sua volta a una crescita dei movimento sociali a inizio del 2021 e dopo l’annuncio delle misure eccezionali, il 25 luglio scorso, che ha generato un’intensificazione delle aggressioni verso i giornalisti. Un campanello d’allarme lanciato da diverse organizzazioni della società civile nell’ultimo periodo. In risposta a queste aggressioni, 39 le denunce effettuate, ma solo una ha portato a una condanna giudiziaria. L’osservatorio ha rivolto un appello al Presidente della Repubblica Kais Saied affinché condanni pubblicamente queste aggressioni, chiedendo oltresì di mettere in campo una strategia di comunicazione « più aperta » per garantire la trasparenza e il diritto dei giornalisti all’informazione, aggiungendo che anche il Ministero degli interni dovrebbe dare il via a delle inchieste riguardanti i casi di aggressione commessi da agenti di sicurezza.

Anche le giornaliste donne subiscono aggressioni ed arresti : emblematico il caso della giornalista Arroi Baraket, da vittima di violenza da parte della polizia ora rischia fino a cinque anni di carcere. Proprio per cercare di salvaguardarle, recentemente è stato lanciato il progetto « Per un ambiente di lavoro sicuro per le donne giornaliste » dall’associazione Reporters Sans Frontières in collaborazione con il Sindacato nazionale dei giornalisti tunisini e con il sostegno del Fondo canadese di iniziative locali : ne parliamo qui.

I media dal post 2011, come riporta Pietro Longo nella monografia di Arab Media Report « I media tunisini tra polarizzazione e compromesso », « hanno sperimentato un eccesso di democrazia, un’esplosione improvvisa e sregolata, del tutto comprensibile alla luce dei decenni di autoritarismo ». Ben Alì, oltre alla censura e al rigido controllo esercitato sui media del Paese, sperimentò una curiosa strategia di separazione dell’informazione politica da quella economica : « La Tunisia, ad esempio, per prima tra i Paesi arabi, ha introdotto il sistema di diffusione dei dati statistici secondo le linee guida del Fondo Monetario Internazionale. Ciò doveva permettere agli investitori europei di avere accesso ai dati macroscopici del Paese, necessari per stimolare le imprese e aumentare gli investimenti di capitali. L’informazione politica invece era lasciata del tutto ai margini e non era ammesso il dissenso ».

La Rivoluzione della dignità ha spazzato via questo sistema, ma allo stesso tempo ha svelato le carenze strutturali di cui soffre il mondo dell’informazione in Tunisia : il solo abbattimento della censura non basta per un libero esercizio al diritto dell’informazione e della libertà di espressione. Da questo punto di vista, è impossibile negare i traguardi raggiunti dalla giovane democrazia : Basti pensare che nelle classifiche dell’organizzazione internazionale Reporters Sans Frontières (RSF), la Tunisia ha guadagnato decine di posizioni, passando dal 164° posto pre-rivoluzione al 73° posto nel 2021. Lo spiega bene Alice Passamonti in questo articolo, con una panoramica sui media in Tunisia, tra libertà e nuovi strumenti di controllo.

Per quanto riguarda le criticità, manca l’omologazione culturale e vi è uno scarso pluralismo politico : lo ricorda Mohamed Yassin Jelassi, presidente del SJNT, il Sindacato dei giornalisti tunisini, in questa intervista di Chiara Sebastiani.

I giornalisti tunisini hanno potuto davvero svolgere il loro lavoro, dovendo imparare a gestire questa improvvisa libertà : lo racconta Rim Saoudi, giornalista per il quotidiano Assabah e membro del SJNT, il Sindacato nazionale dei giornalisti in Tunisia, in questa intervista raccolta da Giada Frana.

E dal 25 luglio ? Niente più conferenze stampa, niente più interviste né comunicati stampa, niente autorizzazioni ai cittadini stranieri: i giornalisti devono cercare le informazioni sulla pagina facebook della presidenza. Secondo Abdelfattah Taghouti, responsabile dell’Ufficio media e comunicazione di Ennhdha c’è stato un arretramento evidente : in questa intervista raccolta da Chiara Sebastiani, affronta questo tema, ma non solo : “Basta vedere come sono stati trattati dalla polizia i giornalisti in occasione delle proteste popolari di Agareb per la faccenda dei rifiuti, una settimana fa. O durante la manifestazione contro il colpo di stato al Bardo, domenica scorsa.

Infine, la recensione del sopracitato libro « I media tunisini – tra polarizzazione e compromesso » a cura di Pietro Longo e Azzurra Meringolo.

Buona lettura !

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