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Studiare più lingue? In Italia si viene discriminati…

Pubblichiamo la testimonianza di Gianbattista Riccardi, che dal 2018 si è rimesso sui libri, per studiare diverse lingue, complice anche un viaggio in Tunisia....

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Dopo aver concluso la scuola dell’obbligo nel 2007 pensavo che non avrei mai più dovuto studiare, e invece no…

FRANCESE

A maggio del 2018 mi sono recato in Tunisia per la prima volta: era una nazione che mi incuriosiva e che volevo visitare. Qui ho conosciuto una ragazza del posto, con cui ho intrapreso una piccola relazione e a cui avevo promesso di tornare ad agosto. Ho quindi, in prospettiva di ritornare a Tunisi, ripreso il francese partendo da zero. Il mio metodo di studio prevedeva di dare priorità ai verbi di uso quotidiano (essere, avere, dovere, volere) e alle frasi di utilità ed emergenza (in inglese, la prima frase con cui si viene in contatto è “the pen is on the table”; ecco, la mia frase di partenza era “appelez la police” – si scherz-). Si inizia così, appunto con i verbi di utilità, a cui seguono quelli accessori e un lessico di uso comune:

verbo essere: je suis Gianbattista, je suis italien…

verbo dovere + accessori: je dois être à l’aéroport d’ici vendredi à 15h

verbo volere + accessori: je veux… aller… au cinéma, au restaurant; je veux manger, boire… de l’eau…. Un cafè….fair le déjeuner..

Insomma, la grammatica e il lessico base per sopravvivere nel quotidiano. La relazione dura un anno, durante il quale miglioro la pronuncia e integro il lessico e anche se si è poi conclusa, reputo uno spreco dimenticare quanto appreso e anzi, mi appresto ad approcciarmi ad altre lingue.

INGLESE E SPAGNOLO

Per motivi personali, a settembre 2020 riprendo gli studi, in cui sono annoverati lo spagnolo e l’inglese. Ad oggi ho una padronanza basilare di entrambe le lingue (se andassi in Spagna o in Inghilterra saprei certo chiedere a un tassista di portarmi presso un determinato sito di interesse, ma se una guida spiegasse nella sua lingua vita, morte e miracoli di quel sito di interesse, probabilmente non capirei niente).

ARABO

Per curiosità , a gennaio 2021 inizio a studiare l’arabo e la sua variante tunisina. L’arabo è il sancta sanctorum della difficoltà delle lingue maggiormente parlate nel Mediterraneo, anche perché vi sono molti dialetti nazionali – tra cui il tunisino appunto – e perché gli arabi di una nazione tendono a non agevolare un turista che, pensando di fare cosa gradita, comunica in arabo standard. Ad oggi ho imparato relativamente poco (i pronomi personali – ana, anta, anti… per lo standard e ena, enta, enti… per il tunisino, i saluti standard: assalamu aleikum…. Aslema… e lo schukran per ringraziare).

Tuttavia ho notato una cosa: abito in una piccola comunità rurale nella pianura padana, e ad oggi, il mio studio di lingue non solo non viene apprezzato, ma anzi spesso viene discriminato, non da gente che ne sa di più e che può dire: “il tuo francese è scarso, il tuo arabo è proprio base”, ma da individui nazionalisti e a tratti razzisti secondo cui in Italia si dovrebbe parlare solo italiano. Un piccolo esempio: se al bar capita di fare un brindisi, dicono “salute” ma poi mi guardano e dicono “anzi, salut: alla francese”… Ecco, in realtà salut in francese vuol dire appunto saluti, ciao, salve, non salute (che si traduce in santé) e qui per me è un dramma: se non li correggo, continueranno a sbagliare, se li correggo mi daranno dello schizzinoso…

IN FAMIGLIA

Pure in famiglia mi sento solo: spesso, guardando la televisione, mi capita di sentire frasi e tradurle al volo. Per esempio: “il nostro ministro” diventa “notre ministre” in francese e “waziruna” in arabo e spesso faccio piccole fusioni per allenare la mente (notre wazid). Eppure se dovessi dire a mamma o papà che oggi ho imparato i pronomi personali arabi, elencandoglieli, loro annuirebbero, certo, ma dopo due secondi avrebbero dimenticato tutto. Più in generale, in Italia manca totalmente la cultura di dialogare in altre lingue, anche e soprattutto negli studenti di queste. Non so come e se si possa migliorare tale situazione; auspico che in Italia si formino presto circoli culturali per permettere a quanti più studenti e praticanti di lingue di confrontarsi sul proprio lessico, sulla pronuncia e così via.

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