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Tunisia, 200 giorni dopo l’articolo 80 : una repressione sempre più crescente verso i giornalisti

L'alleanza per la sicurezza e le libertà pubblica un nuovo rapporto, di circa venti pagine, a 200 giorni dopo il colpo di mano del presidente Kais Saied del 25 luglio 2021. Attraverso un'analisi quantitativa e qualitativa, il rapporto presenta una visione globale e concreta degli eventi dal 25 luglio, concentrandosi in particolar modo sul periodo dal 3 novembre 2021 al 6 febbraio 2022. Terza parte

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L’alleanza per la sicurezza e le libertà pubblica un nuovo rapporto, di circa venti pagine, a 200 giorni dopo il colpo di mano del presidente Kais Saied del 25 luglio 2021. Attraverso un’analisi quantitativa e qualitativa, il rapporto presenta una visione globale e concreta degli eventi dal 25 luglio, concentrandosi in particolar modo sul periodo dal 3 novembre 2021 al 6 febbraio 2022. Vi riportiamo, tradotti dal francese, i concetti principali tratti da questo rapporto.

Diritti e libertà

Stampa e media 

Già sollevata nei precedenti rapporti, la repressione crescente dei giornalisti, concomitante al regresso del pluralismo e della libertà di espressione continuano a caratterizzare la Tunisia post 25 luglio.

In materia di stampa e media, diversi incidenti e segnali di regresso della libertà di informazione si notano in questo periodo :

Nel suo rapporto pubblicato il 19 gennaio 2022, « Giornalismo in Tunisia : l’ora della verità », Reporters Sans Frontières riassume la situazione dal 25 luglio in poi con queste parole : « Il pluralismo è messo male e le intimidazioni verso i giornalisti si banalizzano ». L’organizzazione si dice preoccupata per l’assenza di interazioni tra il Presidente e gli attori ed attrici dell’informazione, la fonte principale d’informazione sulle attività e sulle dichiarazioni del Presidente è ormai la pagina facebook della Presidenza. Nessuna conferenza stampa è stata effettivamente organizzata sin dall’inizio del mandato del presidente, ottobre 2019. Per RSF, « l’assenza di relazioni dirette tra l’équipe del palazzo e i giornalisti crea un clima che favorisce le voci e la disinformazione ».

Ricordiamo che dal 22 settembre 2021 il Presidente si è arrogato, in virtù del decreto 117, la prerogativa di delineare le leggi che regolano l’informazione, la stampa e le edizioni. Gli articoli 31 e 32 della Costituzione del 2014 relativi alla libertà di stampa e di informazione non sono teoricamente abrogati.

Repressione dei manifestanti e degli attivisti

Diverse manifestazioni e mobilitazioni hanno caratterizzato questi 100 giorni.

Da inizio novembre 2021, la decisione delle autorità pubbliche di riaprire una discarica a Agareb (Regione di Sfax), che doveva essere chiusa per decisione giudiziaria il 10 ottobre 2019 e chiusa realmente a settembre 2021, ha dato il via a delle manifestazioni degli abitanti e della società civile così come la campagna « Manish Msab », « Noi non siamo una discarica ». La tensione è montata rapidamente con le forze dell’ordine che hanno fatto ricorso a un uso eccessivo della forza e di gas lacrimogeni. Un passante, Abderrazek Lachheb è morto a seguito dell’inalazione dei gas lacrimogeni, una versione smentita dalle autorità.

In seguito alla morte del giovane e alle violenze poliziesche, l’Ugtt ha annunciato uno sciopero generale il 9 novembre 2021 nel settore pubblico e privato della regione di Sfax, domandando l’attivazione dell’accordo sulla chiusura definitiva della discarica. Kais Saied ha incontrato il 12 novembre i rappresentanti della società civile a Agareb ammettendo il problema dei rifiuti nelle regioni del Paese e si è impegnato ad aprire un’inchiesta sulle circostanze del decesso di Lachheb. La discarica da quel giorno è chiusa.

Le manifestazioni del 14 gennaio hanno segnato il periodo. Ricordiamo che il 14 gennaio non è più l’anniversario ufficiale della Rivoluzione, « data di aborto della Rivoluzione e della perpetrazione del sistema nell’ombra », secondo il Presidente Saied , ma il 17 dicembre, in virtù di un decreto presidenziale.

Come il 14 gennaio 2021, caratterizzato da centinaia di arresti, la giornata è stata caratterizzata da numerosi incidenti ed episodi di violenza esercitati dalle forze di sicurezza, contro i diritti e le libertà :

  • circa 41 manifestanti sono stati arrestati in centro città

  • come menzionato in precedenza, 23 giornalisti e fotografi sono stati aggrediti, alcuni si sono visti confiscare i loro cellulari e macchine fotografiche e 4 giornalisti sono stati arrestati

  • la polizia si è servita del lancio di getti d’ acqua per disperdere i manifestanti. Sono state utilizzate anche delle granate di gas lacrimogeni.

Il 14 gennaio 2022 è stato quindi molto simile al 14 gennaio 2021 : una risposta securitaria sproporzionata rispetto a dei manifestanti pacifici e delle numerose violazioni dei diritti umani. Il parallelo può essere anche fatto in materia :

  • di attacco alla libertà di circolazione e alla libertà di manifestare

  • di blocco degli assi di circolazione

  • della tensione e della retorica aggressiva, utilizzata prima da parte di Ennahda e dei suoi alleati, e questa volta da una parte dei nuovi simpatizzanti e difensori del Presidente della Repubblica contro qualsiasi opinione dissidente (essenzialmente attraverso degli attacchi sui social network).

E, come l’anno scorso, lo Stato tunisino sembra strumentalizzare la situazione pandemica per dare il via a delle restrizioni sanitarie (confinamento il week end del 14 gennaio 2021, copri fuoco e divieto di rassembramenti il 14 gennaio 2022), dietro ai quali si possono vedere senza sforzo delle motivazioni politiche. Durante il suo discorso al ministero dell’Interno il 5 febbraio, il Presidente della Repubblica ha invitato i suoi sostenitori a scendere a manifestare il 6 febbraio per chiedere lo scioglimento del CSM, quando la situazione pandemica era pressapoco la stessa del 14 gennaio 2022.

Quest’anno (come il precedente), il pretesto sanitario è stato quindi impiegato per impedire i rassembramenti anti potere, provocando diverse reazioni di sfiducia. Nonostante l’assenza dell’appuntamento abituale dell’Ugtt e nonostante il divieto ai rassembramenti, diversi appelli a manifestare sono stati lanciati dal movimento « Cittadini contro il colpo di stato », dai partiti socio – democratici, dal Partito dei Lavoratori così come dai giovani attivisti (movimenti e individui). Da notare che la presenza poliziesca dispiegata (e il suo equipaggiamento) differisce a seconda delle manifestazioni : una presenza poliziesca massiva sistematica durante tutte le manifestazioni dei movimenti contestanti le decisioni di Kais Saied, in particolar modo il 14 dicembre o il 14 gennaio.

Al contrario, le forze di sicurezza sono meno presenti durante le manifestazioni del 6 febbraio in commemorazione del martire Chokri Belaid, dei rassembramenti organizzati per esigere la verità su questo dossier e per denunciare il sistema giudiziario, in particolar modo dopo la liberazione di Mustapha Khedher il 17 gennaio dopo aver scontato una pena di imprigionamento di 8 anni, uno degli accusati in questo caso. Dei nuovi equipaggiamenti sono stati utilizzati (dei droni) per « proteggere » i manifestanti il 6 febbraio, mentre i cannoni ad acqua, così come un numero inedito di agenti in abiti civili sono stati rilevati durante la manifestazione del 14 gennaio. Tutte le arterie del centro città sono state bloccate con delle sbarre durante questa stessa manifestazione con un solo punto di ingresso e di perquisizione al livello della piazza 14 gennaio. Le entrate sono state fatte al contagocce e alla maggior parte dei cittadini è stato impedito l’ingresso dagli agenti di polizia sulla base di criteri sconosciuti.

La differenza di trattamento tra le manifestazioni del 14 gennaio e quella del 6 febbraio è notevole. Nella notte tra il 5 e il 6 febbraio, Kais Saied si era appellato, dal ministero dell’Interno (a dispetto dunque delle misure sanitarie prese dal suo governo), ai tunisini per manifestare e alla polizia a proteggere i manifestanti. Allo stesso tempo, il dispiegamento securitario davanti al Consiglio Superiore della Magistratura il 7 febbraio si è rivelato molto debole (poliziotti senza manganelli), mentre si erano rassembrati dei sostenitori di Kais Saied per reclamarne la dissoluzione.

Continuità delle restrizioni delle libertà arbitrarie :

Nonostante la loro illegalità, le misure di controllo amministrativo restrittive della libertà continuano ad essere applicate a un gran numero di tunisini. Dopo l’attivazione dello Stato d’eccezione il 25 luglio 2021, l’applicazione di queste misure arbitrarie verso delle personalità politiche, dei deputati, dei giudici e uomini/donne d’affari ha messo questi attacchi alla libertà di circolazione sotto la luce dell’opinione pubblica.

Diverse personalità pubbliche, tra cui gli ex ministri Riadh Mouakher e Anouar Maarouf e l’ex presidente dell’Istanza nazionale di lotta contro la corruzione (INLUCC), Chawki Tabib si sono rivolti al tribunale amministrativo per ottenere la sospensione e, infine, l’annullamento definitivo del loro assegnamento alla residenza, la misura di controllo amministrativo più restrittiva della libertà messa in atto dal ministero. Da inizio ottobre 2021, il Tribunale amministrativo ha rigettato la loro domanda di sospendere queste misure, nonostante la sua giurisprudenza qualificasse queste misure come incostituzionali.

Il tribunale amministrativo ha preso una svolta giurisprudenziale che pone delle domande. Una misura restrittiva della libertà sarebbe normalmente sospesa d’urgenza dal tribunale se rispondesse a due condizioni : deve essere illegale ed essere suscettibile di generare un pregiudizio irreparabile. Le misure di controllo amministrativo messe in piedi dal ministero dell’Interno sono arbitrarie poiché violano le condizioni di legalità, necessità e proporzionalità che devono essere rispettate da tutte le misure di restrizione della libertà. Ne va delle assegnazioni alla residenza che sono fondate sul decreto presidenziale sullo stato d’emergenza adottato nel 1978 durante un precedente Stato di eccezione e presumibilmente caduto da allora.

Il tribunale amministrativo non si è pronunciato su questa illegalità manifesta, accontentandosi di ritenere che niente stabiliva che le assegnazioni alla residenza dessero il via a dei pregiudizi irreparabili sulle persone che le subiscono. Eppure, tutte le restrizioni alla libertà imposte dal ministero dell’Interno creano dei pregiudizi psicologici e materiali innegabili. Le assegnazioni possono anche essere ritenute delle detenzioni arbitrarie se lo spazio dell’assegnazione è ristretto.

Queste decisioni della giusitizia amministrativa hanno sollevato numerosi timori sulla capacità del Tribunale amministrativo per quanto riguarda il suo ruolo di garante dei diritti e delle libertà. Dopo più di due mesi di applicazione e nonostante le decisioni del tribunale amministrativo, dieci assegnazioni alla residenza sono finalmente state tolte. Malgrado ciò, le restrizioni della libertà sono proseguite contro un certo numero di persone a cui è stato impedito di viaggiare in ragione della loro professione (deputato, giudice, ministro, uomo/donna d’affari), menzionata sul loro passaporto, senza che sia stata fornita loro nessuna giustificazione. Altre persone sono state messe sotto assegnazione alla residenza. Questi attacchi alla libertà di circolazione degli individui e altre restrizioni arbitrarie della libertà non sono una novità. Centinaia, migliaia di persone schedate come « », in ragione di una loro presunta pericolosità per l’ordine pubblico, le subiscono da anni.

In questi ultimi mesi, si contano diversi casi di persone schedate, così come una recrudescenza della violenza poliziesca verso le persone. L’intensità e il carattere sistematico di queste violenze esercitate nei confronti delle vittime permette di concludere che si tratta di una pratica cosciente e orchestrata e non di casi isolati, come potrebbe lasciar intendere la comunicazione pubblica del ministero dell’Interno.

Processi militari contro i civili

Continua il ricorso alla giustizia militare per giudicare dei civili. Ricordiamo qui, così come confermato da Amnesty International, che avevamo conteggiato nel precedente rapporto, che si sono svolti più processi del genere nei tre mesi che sono succeduti al 25 luglio (almeno 10 casi) che durante l’ultimo decennio. Cinque civili sono stati perseguiti dalla giustizia militare per aver criticato il Presidente : Amer Ayed, conduttore tv, i deputati Bechr Chebbi, Abdellatif Aloui, Yassine Ayari e il blogger Slim Jebali.

Ci sono stati diversi casi inerenti all’esercizio della libertà di espressione e/o delle critiche verso il Presidente Saied :

  • Ameur Ayed, sottoposto a un mandato di perquisizione nel caso del canale Zitouna TV, è stato liberato a fine novembre. Il deputato Abdelatif Aloui, ugualmente accusato in questo caso, è stato rilasciato prima. Il loro processo, per offesa alla morale dell’esercito e al Presidente della Repubblica, si è tenuto a metà marzo ;

    Yassine Ayari, che ha già scontato dopo il 25 luglio una pena di due mesi pronunciata da un tribunale militare nel 2018, è stato nuovamente condannato, per contumacia, a 10 mesi di prigione per « offesa alla dignità dell’esercito » e « oltraggio al Presidente » a seguito di alcune pubblicazioni facebook post 25 luglio

  • il blogger Slim Jebali, condannato a un anno di prigione per dei posts facebook da una corte militare in prima istanza ha visto la sua pena ridotta a 6 mesi, sempre per dei fatti di « offesa alla dignità dell’esercito » e « oltraggio al Presidente »

Inoltre :

  • l’ex presidente dell’ordine degli avvocati Abderrazek Kilani è stato invitato a comparire a inizio marzo in tanto che accusato davanti alla giusitizia militare per diversi capi d’accusa. Kilani fa parte del comitato di difesa di N.Bhiri e c’era stata una lite con le forze di sicurezza incaricate della sorveglianza di Bhiri durante la sua ospedalizzazione

  • sul piano civile, la Corte di Cassazione ha rigettato da dicembre l’appello di diversi deputati di Al – Karama e Mehdi Zagrouba che contestavano la legittimità del giudizio da una corte militare dell’ »affare dell’aeroporto »

    Seifeddine Makhlouf (deputato di Al Karama) e Nidhal Saoudi sono stati liberati su decisione della giustizia militare all’inizio di gennaio . Makhlouf è stato poi condannato a un anno di prigione per oltraggio a un magistrato militare

Gli affari militari collegati con la libertà d’espressione sono preponderanti e caratterizzano un’instrumentalizzazione della giustizia militare al fine della censura nei confronti di chi critica le decisioni prese da Saied dal 25 luglio.

In un policy brief pubblicato a inizio dicembre, Avocats Sans Frontières, l’Associazione di difesa delle libertà individuali (ADLI) e Kawakibi Democracy Transition Center denunciavano la ricorrenza di questa pratica « che apre la strada a delle possibilità quasi infinite di processi arbitrari, senza garanzia di un processo equo ». Human Rights Watch ha denunciato la moltiplicazione dei processi militare (e civili) per « offesa al Presidente »

Qui la prima parte di questo rapporto

Qui la seconda parte, sulla situazione economica del Paese

Traduzione dal francese a cura di Giada Frana

La quarta ed ultima parte del rapporto verrà pubblicata settimana prossima

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