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Colpa del “traduttore” di Google, del solco scavato tra due generazioni, o della differente cultura ?

Un racconto di Andrea Negri su donne e imprenditoria in Tunisia

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Un racconto di Andrea Negri su donne e imprenditoria in Tunisia

Fino a quel momento non sembrava ci fossero differenze incolmabili tra l’anziano straniero e le giovani tunisine. Sembrava tutto facile, comprensibile e di reciproca soddisfazione. Abitudini, differenza di età, lo stesso modo di intendere la vita, tutto sembrava possibile. I soldi forse erano l’unica barriera ancora invalicabile. O meglio, l’unico modo sembrava essere il matrimonio. Un ostacolo insuperabile.

Troppe le storie che circolano tra gli “expat” sull’avidità delle giovani tunisine che, come molte donne nel mondo, continuano a considerare questa tappa della loro vita come un gradino necessario per raggiungere il benessere economico. Lo straniero però non cerca una compagna, né per la sera né per la vita. Piuttosto è incuriosito dalla possibilità di realizzare un “micro progetto”, per contribuire a smuovere la realtà sonnacchiosa di una città dove i giovani, con il crollo del turismo, sembravano annaspare, per la mancanza di occasioni lavorative.

L’incontro occasionale con tre giovani amiche rappresenta perciò l’occasione per una svolta, la possibilità di realizzare un progetto economico insieme! La legislazione Tunisina, memore dell’esperienza coloniale, non consente agli stranieri di aprire una loro attività senza un partner locale, che, socio al 51 per cento, avrà l’ultima parola sempre su tutto. Il “nostro”pensionato decide perciò subito di escludere questa possibilità, né d’altronde può “creare” lavoro assumendo le tre ragazze come badanti. Può solo offrire la sua esperienza per realizzare un “business plan” ed ovviamente finanziare l’operazione, prevedendo però la restituzione, senza interessi, del piccolo capitale anticipato. Una esperienza questa, già realizzata con successo, in altri Paesi con un’ economia ancora fragile.

Malgrado l’uso scellerato del telefonino, nessuno in Tunisia guarda mai l’orologio e la puntualità che regola gli accadimenti umani in gran parte del mondo, qui è poco meno di un inutile dettaglio. Questo il “nostro” lo sapeva molto bene ma, quando ha convocato le tre ragazze per discutere del progetto, rabbia e delusione ne hanno trasformato i tratti del viso. Ha apparecchiato la tavola con thè e pasticcini, ma dopo un’ora e mezza dall’ora concordata, delle tre ancora nessuna traccia, nemmeno una telefonata di scuse. Quando, infine sente bussare ha ormai preso la sua decisione. Non le fa nemmeno entrare, le manda via con rabbia.

Solo il pomeriggio del giorno dopo provano timidamente a telefonare per un nuovo appuntamento. Due minuti prima dell’ora concordata, eleganti e ben pettinate, sono davanti alla porta. Forse hanno capito, forse no, ma la curiosità e la motivazione è tanta. Inizia così un periodo di frequenti incontri per analizzare insieme tutte le sfaccettature del problema, ma le difficoltà di comprensione reciproca non sono poche. Le tre ragazze infatti hanno poco frequentato la scuola e pertanto la loro conoscenza del francese, che pure insieme al tunisino è considerata lingua ufficiale, è davvero molto scarna. D’altronde l'”anziano”, nella sua conoscenza della lingua Tunisina, non è andato molto oltre le poche parole di uso quotidiano. Il francese invece è quasi sua seconda lingua materna. Si ricorre con sempre maggiore frequenza al “traduttore” di Google. Come molti sanno, ha però un linguaggio molto basico, del tutto insufficiente a cogliere le sfumature.

Cosa sapete fare? È la domanda a cui occorre trovare la risposta su cui incardinare tutto. La ragazza più grande ha lavorato in un negozio di coiffeur per signore che ha ridotto l ‘organico lasciandola per strada. Nella borsa ha gli attestati di una scuola professionale! Le proposte crescono ogni giorno come le richieste, sembra di lavorare ad un castello di carte che potrebbe improvvisamente crollare. Si litiga spesso, tutto sembra naufragare. Le ragazze sembrano solo interessate a quantificare la cifra di cui potrebbero disporre, l’anziano invece insiste per circostanziare il progetto prima di definirne l’importo. L’unica soluzione possibile prevede un gradino iniziale difficilissimo da salire: le ragazze devono andare a scuola, devono almeno imparare il francese! Ci vuole davvero una grande pazienza per spiegare che non frequenteranno quella scuola che hanno abbandonato troppo presto, dove rischierebbero peraltro di essere scambiate per le madri degli studenti. Saranno lezioni private, come la scuola dei ricchi!

Fra la riluttanza delle tre giovani, l'”anziano” annuncia che vuole dare loro questa opportunità: pagherà lui un mese di prova, tre volte a settimana. D’altronde per realizzare insieme un progetto, la base della comprensione reciproca deve essere solida! L’ultima resistenza è determinata dalla richiesta del materiale didattico: non hanno soldi per comprare quaderno, matita,gomma, temperino, e penna rossa per evidenziare gli errori… Come si fa, d ‘altronde, a digerire l’impegno di andare a scuola e di studiare, se bisogna pure pagare! Ma il “nostro” è irremovibile, ha bloccato il progetto. Niente scuola, niente progetto!

La prima settimana si crea la selezione. Alla terza lezione ci arriva una sola! In rapida successione le due più giovani abbandonano, con scuse varie, dimostrando chiaramente di non essere interessate ad alcuna fatica o impegno per cogliere questa straordinaria opportunità di poter imprimere una svolta significativa ad una vita già tracciata in tutti i suoi prevedibili aspetti, non certo edificanti. Solo la più grande, già con due figli ed in corso di separazione dal marito, sembra aver fatto tesoro di questa possibilità. Anche lei però vorrebbe accelerare le tappe. Senza un lavoro, con i figli accuditi al paese dalla nonna, un marito che la picchia le rare volte che va a trovare i figli, sembra davvero interessata a costruire qualcosa che possa riscattarla. Si riprende perciò a discutere di nuovi materiali da acquistare, di tempi e modi per la realizzazione del progetto. Si definisce finalmente un primo budget che dovrebbe coprire le spese per avviare il lavoro.

Lei parte per Tunisi, per un grande magazzino che fornisce i saloni di bellezza e torna con quasi tutto il necessario che trabocca da un furgone. Nascono altri problemi. Lei si rende conto che, nella casa buia ed angusta dove vive non c’è lo spazio sufficiente per lavorare. Serve un salone, d’altronde senza uno spazio dedicato, non si può svolgere proficuamente un’attività economica. Tutto vero, ma…il progetto prevedeva una prima fase e, solo successivamente un suo ampliamento. Ci si mette pure la pandemia e poi in successione il Ramadan…le scadenze per la restituzione del prestito saltano, e come potrebbe essere altrimenti? Occorre riformulare il bilancio economico, bisogna pur mangiare per superare il Covid e, durante il Ramadan,almeno la notte bisogna avere la pancia piena per arrivare in forma all’apertura del salone.

Inaugurazione che avviene in grande stile a ridosso della grande festa dell’Aid in cui tutte le donne tunisine si fanno belle, non solo i capelli, ma anche unghie, sopracciglia, tatuaggi. Più volte c’è stato il tentativo di”sforare” anche l’ultimo budget” allargato”, ma anche questa volta lo straniero è stato irremovibile: – prima si restituiscono i soldi prestati, si porta in attivo il bilancio e solo dopo si può discuterne- ! Era diventata una specie di incomprensione, come una crepa che via via si era allargata tra lo straniero e la ragazza. Lei continuamente protesa con nuove richieste economiche, utili, per carità ! Ma non voleva in nessun modo assumersi la responsabilità di suoi errori di valutazione, e soprattutto negava strenuamente di non essere di parola, anzi faceva l’offesa. Certo aveva mille attenuanti, per carità, ma guai a rinfacciarle che gli impegni presi vanno rispettati. Lei era una persona di parola, perché non crederle? Ribatteva continuamente la ragazza, giurando sui propri figli ed invocando a testimone il suo Dio.

Lo straniero, invece, il cui unico interesse in tutta la vicenda era la soddisfazione di aver contribuito a realizzare un progetto di lavoro, si sentiva tacciato di insensibilità, magari anche di tirchieria, perché ossessionato dagli impegni economici che aveva assunto, coinvolgendo anche altri riluttanti amici. Sono così passati alcuni mesi senza che sia stata onorata alcuna rata in scadenza. Ma guai a parlarne! Lei avrebbe restituito tutto, che dubbi c’erano? Quando? Fu la domanda risolutiva. – Non mi sento di impegnarmi per un giorno preciso, ma stai certo che restituirò tutti i soldi che mi hai prestato. – La risposta. L’obiettivo di contribuire a creare una mentalità imprenditoriale, in questo contesto, può essere raggiunto ? Vedremo….

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