Il 25 luglio 2021 il Presidente Kais Saied congela il Parlamento appellandosi all’articolo 80 della Costituzione (qui ricordiamo cosa successe quella giornata) e licenzia il governo, assumendo i pieni poteri.
Il 22 settembre 2021, con un decreto presidenziale Saied formalizza i suoi pieni poteri attraverso l’emanazione di “misure eccezionali” che prorogano la sospensione del Parlamento e gli consentono di legiferare attraverso decreti e di presiedere il Consiglio dei ministri.
Il 29 settembre 2021 il Presidente Kais Saied nomina Najla Bouden Romdhan come primo ministro per la formazione di un nuovo governo, presentato il 12 ottobre.
Il 13 dicembre 2021, in un discorso alla nazione trasmesso dalla televisione di stato, Saied annuncia la sua road map, che prevede una consultazione popolare, un referendum entro giugno e nuove elezioni legislative il 17 dicembre 2022, una data simbolica, giorno in cui il venditore Mohamed Bouazizi si diede fuoco nel 2010, dando il via alla cosiddetta Primavera araba.
2022
15 gennaio – 20 marzo : viene lanciata, attraverso il sito Itichara.tn, la consultazione on line per dare la possibilità ai cittadini tunisini di formulare la propria opinione su sei temi principali : la politica, l’economia, gli affari sociali, l’educazione e la cultura, lo sviluppo sostenibile e la qualità della vita. Vi potevano prendere parte tutti i cittadini maggiori di 16 anni, attraverso il numero della propria carta di identità. Nessuna chiarezza sulla metodologia utilizzata. Secondo i dati ufficiali, 534 mila 915 persone vi hanno preso parte, ossia solo il 4,4% della popolazione. Qui un articolo di Inkyfada che ne analizza i risultati. Risultati che attualmente non sono più accessibili.
Il 6 febbraio Saied scioglie il Consiglio Superiore della Magistratura. Qui un articolo di Chiara Sebastiani in cui si parla del potere giudiziario in Tunisia pre e post 25 luglio 2021.
Il 30 marzo Saied scioglie il Parlamento, poche ore dopo l’organizzazione di una plenaria on line da parte di alcuni deputati, in cui si votava per annullare le misure eccezionali prese dal Presidente e per chiedere delle elezioni legislative e presidenziali anticipate per porre fine alla crisi politica e socio – economica.
Il 2 maggio Saied annuncia che il referendum del 25 luglio approverà una nuova Costituzione per il Paese (la terza : la prima è del 1959, dopo l’Indipendenza, la seconda del 2014, dopo la cacciata di Ben Ali).
Il 9 maggio sul Jort, il Giornale Ufficiale della Repubblica tunisina, viene pubblicata la nuova composizione dei membri dell’Isie, l’Istanza superiore indipendente per le elezioni, membri scelti personalmente da Saied. Diverse realtà denunciano che in questo modo l’indipendenza di questo organo sarà compromessa.
Il 12 maggio Saied si è detto contrario alla presenza degli osservatori internazionali.
Il 30 maggio la Commissione di Venezia » (la commissione europea per la democrazia, organo consultativo del Consiglio d’Europa sulle questioni costituzionali) sottolinea che le condizioni in cui si svolge il referendum sono molto al di sotto degli standard minimi di democrazia e sottolineano il carattere autoritario del progetto. In seguito a queste dichiarazioni, viene mandata via dal Paese.
Il 20 giugno la proposta della nuova Costituzione viene consegnata a Saied da Sadok Belaid, presidente del « Comitato consultativo per la nuova Repubblica », incaricato della redazione della nuova Costituzione.
Il 30 giugno sul Jort, il Giornale Ufficiale della Repubblica tunisina, viene pubblicata la bozza della nuova Costituzione, che dovrà essere votata dai Tunisini il 25 luglio, Festa della Repubblica. Il progetto si compone di 10 capitoli e 142 articoli.
Il 3 luglio Sadok Belaid rinnega la bozza pubblicata sul Jort. Il giornale tunisino Assabah pubblica la lettera di Belaid unitamente alla bozza proposta dalla commissione incaricata, a cui era a capo. Belaid ha affermato che « il progetto della Costituzione di Saied comporta dei gravi rischi che potrebbero aprire la strada a un regime dittatoriale », aggiungendo che « la commissione si dissocia totalmente dal progetto proposto dal Presidente », e che « Il testo proposto dalla Presidenza della Repubblica viola l’identità della Tunisia e apre la strada a una dittatura attribuendo tutto il potere al Presidente della Repubblica ».
L’8 luglio, in tarda serata, sulla pagina Facebook della Presidenza, si annuncia che la bozza è stata modificata. Come spiega in questo articolo Tania Groppi, sono state fatte delle modifiche sostanziali.
Il 19 luglio a Tunisi, si svolge una manifestazione della società civile contro il Referendum . Altre manifestazioni seguiranno nei giorni successivi, venendo disperse con forza e violenza da parte della polizia tunisina, utilizzando cannoni di acqua e gas lacrimogeni. La più consistente arrivava a un migliaio di persone, le altre un centinaio ognuna. Qui un reportage da Tunisi di Chiara Sebastiani.
Il 25 luglio si svolge il Referendum per la nuova Costituzione. Solo il 27,54% è andato alle urne, ma essendo un Referendum senza quorum, la proposta Costituzionale é passata : tra i votanti, per il 94,6% ha prevalso il sì.
Il 17 agosto entra in vigore la nuova Costituzione.
Il 15 settembre un decreto legge modifica la legge elettorale: fine della parità verticale, i cittadini con doppia nazionalità non possono candidarsi, non si possono ricevere finanziamenti pubblici, ma solo privati.
Il 22 settembre viene approvato il decreto legge n° 54 contro le fake news, ma utilizzato in seguito per mettere a tacere giornalisti ed oppositori. Il Sindacato Nazionale dei Giornalisti Tunisini (SNJT) ne chiede il ritiro, sottolineando il deteriorarsi della libertà di stampa nel Paese e il rischio di essere arrestati per reato di opinione.
Il 18 ottobre, uno sciopero generale a Zarzis, a cui hanno partecipato pi di 7 mila persone, per protestare a seguito di un naufragio, il 21 settembre, di un’imbarcazione dove vi erano 18 persone, tra cui giovani tunisini, i cui corpi erano stati poi seppelliti nel “cimitero degli sconosciuti”. I manifestanti chiedevano “verità e giustizia”.
Il 17 dicembre, diventato giorno di Festa nazionale (il giorno in cui Mohamed Bouazizi si immolò), si svolgono le elezioni legislative anticipate. Solo l’11% dei cittadini tunisini si reca alle urne. All’estero la percentuale è ancora più bassa: in Italia vota l’1,37% degli aventi diritto.
2023
Il 29 gennaio si svolge il secondo turno delle elezioni legislative. Un flop come il primo turno: solo l’11,3% degli aventi diritto va a votare.
L’11 febbraio iniziano le ondate di arresti contro gli oppositori politici e gli attivisti, tra cui Issam Chebbi, (partito repubblicano), Chaima Issa (attivista per i diritti umani), Noureddine Boutar (direttore della radio Mosaique FM)
Il 21 febbraio, durante una seduta del Consiglio di sicurezza nazionale, Saied ha annunciato l’intenzione di adottare “misure urgenti per far fronte al grande afflusso di migranti irregolari dall’Africa subsahariana”, sottolineando che la loro presenza è causa di “violenza, crimini e atti inaccettabili” e aggiungendo che “la migrazione clandestina fa parte di un complotto per modificare la demografia della Tunisia”, con l’obiettivo di trasformarla “in un Paese solo africano e non più anche arabo e musulmano”. Parole che hanno portato ad aggressioni, arresti e sfratti. Qui un articolo di Alice Passamonti che spiega bene quanto successo.
Il 25 febbraio, centinaia di persone manifestano in Avenue Bourguiba in solidarietà ai migranti subsahariani, denunciando il razzismo di Stato
Il 4 marzo, manifestazione a Tunisi dell’Ugtt, il il principale Sindacato tunisino, contro la deriva autoritaria del governo tunisino. Il Sindacato chiede l’avvio di un “dialogo nazionale”.
Il 6 marzo la Banca Mondiale sospende “fino a nuovo ordine” la partnership con la Tunisia, a seguito delle dichiarazioni del Presidente Saied nei confronti della popolazione subsahariana, poiché “la sicurezza e l’inclusione dei migranti e delle minorità fa parte dei valori centrali d’inclusione, rispetto e anti razzismo” della BM.
L’8 marzo vengono dissolti i consigli municipali, rimpiazzati da delle delegazioni speciali nominati dal governo. Non è chiaro quando saranno le nuove elezioni.
Il 23 marzo Taoufik Charfeddine, ministro dell’Interno, annuncia le sue dimissioni
Il 6 aprile Saied sottolinea il suo rifiuto a firmare un accordo con il Fondo Monetario Internazionale alle condizioni richieste, che secondo lui sono “una minaccia per la pace sociale”.
Il 9 aprile, manifestazione a Tunisi contro l’ondata di arresti (20 persone finora) organizzata dal Fronte di Salvezza Nazionale
Il 17 aprile viene arrestato Rached Ghannouchi, leader di Ennahda, il partito di ispirazione islamica.
Il 28 aprile, durante lo svolgimento dell’annuale Fiera del libro al Kram (Tunisi), Habib Zoghbi, direttore della casa editrice Dar El Kitab, annuncia che il ministro degli Affari Culturali ha ritirato il libro “il Frankestein tunisino” e chiuso lo stand. Proteste inerenti alla diminuzione della libertà di espressione nel Paese
L’11 giugno la premier italiana Giorgia Meloni, il primo ministro olandese Mark Rutte e Ursula von Der Leyen, Presidentessa della Commissione Europea, si recano in Tunisia per incontrare il presidente Saied. Si parla di un possibile sostegno finanziario alla Tunisia di 900 milioni di euro e di un sostegno immediato di 150 milioni di euro e di 100 milioni previsti per il controllo delle frontiere e la lotta contro l’immigrazione irregolare. Si annuncia che un Memorandum d’intesa sarà firmato entro fine giugno.
Il 4 luglio, a Sfax un giovane tunisino muore durante degli scontri tra la popolazione locale e la comunità subsahariana. Tre giovani originari del Camerun vengono accusati della sua morte (avvenuta in circostanze ancora da chiarire). Si riaccendono le violenze verso i subsahariani. Human Rights Watch nei giorni a venire denuncia come la polizia abbia raggruppato i migranti subsahariani, regolari e non, portandoli nel deserto al confine con la Libia e con l’Algeria. Passeranno diversi giorni prima che Saied incarichi la Mezzaluna Rossa del loro ricollocamento in strutture nel sud della Tunisia. Donne, uomini e bambini sono ancora bloccati al confine. Si segnalano almeno 15 morti.
Il 16 luglio viene firmato a Tunisi, tra il presidente tunisino Kais Saied, la premier italiana Giorgia Meloni, il primo ministro olandese Mark Rutte e Ursula von Der Leyen, Presidentessa della Commissione Europea, il Memorandum d’Intesa. Tra i punti, la questione energetica e la questione migratoria.
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